Se c’è una tipologia di cibi nella quale la cottura sous vide a temperatura controllata riesce a dare risultati sorprendenti e non riproducibili con altre metodologie di cottura è quella del pesce. Non solo. La cottura del pesce è la più rapida in assoluto, se consideriamo i tempi biblici necessari a volte per la carne. Ed è più rapida anche rispetto alla cottura dei vegetali, che di solito almeno un’oretta la richiedono.
Il pesce invece, il più delle volte in mezz’ora è bello che pronto.
Ed infatti, il salmone è stato il primo ingrediente che abbiamo provato quando è arrivato il nostro Anova. Solo che in quella occasione non facemmo foto e quindi non potemmo scriverne.
Stavolta invece, le foto le abbiamo, per cui…
Ma se il pesce è in definitiva quello più rapido da cuocere sv, è vero anche che è quello più problematico dal punto di vista della sicurezza alimentare.
E ovviamente parliamo di temperature.
Le tabelle di pastorizzazione del pesce prevedono una temperatura minima di 55 °C e almeno un paio d’ore di cottura. Se consideriamo che le ricette invece partono da 42 °C e 15/20 minuti di cottura, capite bene che l’attenzione nel procedimento deve essere la stessa che si riserva al pesce crudo. Anzi, deve essere ancora maggiore, e vedremo perché.
In cosa consistono questi accorgimenti da rispettare per non rischiare la tragedia?
E’ semplice: se state usando pesce fresco, non utilizzare tranci ma partire dal pesce intero. Quello che vale per la carne vale infatti anche per il pesce, ovvero i batteri sono concentrati sull’esterno. Quindi portate a casa il pesce intero e pulitelo il prima possibile (sfilettate o tagliatelo in tranci a secondo della grandezza del pesce), dopodiché se non dovete cuocerlo subito (e con subito si intende lo stesso giorno)… congelatelo. Non mettetelo in frigo, è inutile. Come insegna McGee, i pesci ci sguazzano allegramente quando sono vivi, nell’acqua a temperatura di 5 gradi (la temperatura del frigo)! Quindi per rallentare ogni processo di degradazione enzimatico-proteica, la temperatura deve essere inferiore allo zero.
Dicevamo dei batteri, che si trovano principalmente all’esterno. Il problema del pesce fresco, però, è che in quelli pescati in mare è possibile che all’interno del pesce e dei suoi tessuti vi siano dei parassiti, il cui più famoso è di sicuro l’anisakis.
E quindi? che si fa contro i parassiti del pesce appena pescato?
La risposta più sicura è: si congela!
Sì, comprendiamo che per gli amanti del pesce fresco la congelazione sia una eresia, soprattutto per chi ama mangiarlo crudo.
Però non per niente la legge oggi impone ai locali che servono pesce crudo (tipo i sushi bar) di possedere ed utilizzare gli abbattitori, ovvero dei freezer ultrarapidi che sono in grado di neutralizzare in poche ore ogni parassita. Col freezer di casa le poche ore diventano alcuni giorni… ma la logica è la stessa: se lo vuoi mangiare crudo, prima lo devi congelare a dovere. Altrimenti si rischia. Magari non succede niente. Ma magari sì…
Nel caso di salmoni d’allevamento o di altri pesci allevati in vasca, il rischio parassiti è molto più basso, per cui è possibile, se si è sufficientemente temerari, utilizzarli da freschi.
Altro aspetto importante riguardo la sicurezza, riguarda il post-cottura.
Non utilizzando temperature di pastorizzazione, il consumo post cottura deve essere immediato. Il pesce cotto non deve essere conservato, se non per poche ore e dopo averlo immediatamente abbattuto in acqua e ghiaccio. Più tempo lo si lascia a temperatura ambiente, più si dà tempo ai batteri di riprodursi.
Diciamo quindi che, per buona misura, il pesce va cotto appena prima di servirlo.
Terminata la sezione horror di questo post, che speriamo non abbia fatto desistere tutti dal provare il pesce cotto a bassa temperatura, veniamo ai trucchi.
Nel salmone in particolare, perché sul rosa si nota di più, ma in generale vale per tutti i pesci, durante la cottura si ha la fuoriuscita di una proteina (albumina) che quando coagula per il calore, diventa bianca. Nonostante sia perfettamente innocua e commestibile, tende il più delle volte ad avere un aspetto poco invitante, sulla nostra fetta di pesce.
Per ridurre (nella foto del piatto si può notare una minima traccia di albumina in basso, sul filetto) e a volte anche eliminare questo fenomeno, è sufficiente immergere il filetto da cuocere in acqua fredda salata (concentrazione di sale del 5 o 10%, ovvero 50/100 gr di sale per litro di acqua) e lasciarlo a bagno per un periodo che può variare dai 10 ai 20 minuti (dipende dallo spessore dei filetti). Questo procedimento è ovviamente opzionale, ma oltre a mitigare il problema estetico dell’albumina compatta anche i tessuti del pesce e li insaporisce anche, al punto che è possibile persino omettere la salatura post-cottura. Per cui, tenetela in considerazione. Allunga i tempi di preparazione, ma il piatto viene meglio.
Altro trucco degno di nota è quello di porzionare il pesce prima di cuocerlo. Una volta cotto, infatti, i tessuti del pesce tendono a sfaldarsi in grandi scaglie e risulta abbastanza difficile tagliarli. Se invece li si taglia a crudo, usciranno dalle buste di cottura già perfetti per essere rifiniti o portati in tavola.
E per concludere, prima di attaccare con la ricetta vera e propria, rimane da parlare dell’aspetto organolettico. La cottura a bassa temperatura del salmone (che è un pesce grasso) produce un risultato non riproducibile in altro modo, padella, forno o brace che sia.
I tessuti si cuociono ma le proteine non si denaturano a sufficienza da diventare stoppose. Al palato la cosa si traduce in una sorta di… meravigliosa scioglievolezza. Ci si aspetta che il pesce sia leggermente ruvido in bocca e invece si scioglie in bocca. Anche l’aspetto visivo è differente, perché i tessuti non diventano del tutto opachi bensì rimangono parzialmente traslucidi.
Il gusto è però quello del pesce cotto e non di quello crudo. Difficile da credere a meno di non averlo provato…
- filetti di salmone, con o senza la pelle
- olio di oliva
- zeste di limone
- asparagi
- sale e pepe
- acqua, 1 lt
- sale 100 gr
- zucchero, un cucchiaio
- Preparare la marinatura sciogliendo in acqua fredda il sale e lo zucchero.
- Mettere i filetti nell'acqua salata e lasciarveli per 10/15 min, in frigo.
- Nel frattempo riscaldare il bagno di cottura a 47 gradi centigradi
- Scolare i filetti, asciugarli bene con la carta assorbente, imbustarli e condirli nella busta con poco olio e zeste di limone. In alternativa si può provare il timo fresco, per un profumo differente.
- Sigillare le buste ed immergerle nel bagno a 47 °C per almeno 20 minuti. Le buste devono essere totalmente coperte dall'acqua.
- Trascorso il tempo di cottura (che può protrarsi anche a 30 minuti), le buste possono essere tolte dal bagno ed aperte.
- Se i filetti erano con la pelle, si può rifinirli passandoli (col lato della pelle sin basso) per circa un minuto in padella caldissima, in modo da renderla appena croccante. Non andare oltre il minuto altrimenti il calore rovinerà i tessuti.
- Se invece è senza pelle, i filetti possono essere impiattati direttamente. Visto che il pesce è poco sopra i 45 gradi, conviene scaldare i piatti di portata, per non servirlo in tavola troppo freddo.
- Il pesce può essere ripulito dalle zeste (noi le abbiamo lasciate) e condito con una spolverata di pepe (meglio se bianco) e un filo d'olio. Non dovrebbe essere necessario salarlo.
- Lavare gli asparagi, tagliare la parte coriacea e arrostirli sulla piastra di ghisa ben calda per una decina di minuti, fino a che non mostrano i segni delle bruciature.
- Impiattarli prima del pesce, salarli e condirli con poco olio di oliva.
Grazie per i consigli 🙂
Una nota: se non ricordo male per quanto riguarda i parassiti il pesce d’allevamento, data l’alta densità di popolazione, può essere ancor peggio del pescato. Meglio non rischiare in alcun caso 😉
Aehm, diciamo che se sono allevati in vasca e non in mare, il pericolo è abbastanza basso, per quanto attiene ai parassiti, anche se l’affollamento provoca a volte ferite e causa malattie… per quello allevato in mare, diciamo che potrebbero venir utilizzati antibiotici per limitare malattie e infezioni (anche in quello non in mare, potrebbero essere usati). In ogni caso il pesce d’allevamento è più facilmente controllabile (che poi i controlli si facciano davvero è un altro discorso) e la filiera dovrebbe essere più protetta che non quella del pescato selvatico.
Ma noi essendo temerari assai, a parte il salmone tendiamo a non comprare i pesci allevati e prediligiamo il meno caro ma sempre gustoso pesce azzurro. Che va trattato con precauzione ma che è l’unico che ancora non è mostruosamente sovrapescato. O così ci piace pensare…
Molto interessanti queste prove di cottura con l’Anova. Ne avete fatte altre, oltre a questa e a quella dello stracotto? Ne farete altre?
L’ultima è stata il temperaggio del cioccolato fondente. Seguendo le indicazioni di J. Kenji López-Alt (che ormai considero l’unico vero sperimentatore culinario attivo degli ultimi anni) è stato semplice ed ha funzionato benissimo.