Torino è una piazza difficile dal punto di vista mangereccio per chi, come me, ha serie difficoltà con l’aglio. Provare alcuni piatti tipici della cucina locale è assolutamente impossibile. Come anche convivere con IP che, invece, questi piatti li ha mangiati eccome! E dire che vivo in una regione in cui l’aglio di usa in quantità. Ma la bagna caoda e il bagnetto verde hanno su di me lo stesso effetto che una corona d’aglio ha su un vampiro. Ok, forse il paragone non è del tutto azzeccato, ma era solo per dare un’idea.
Una domanda ci è frullata in testa per tutta la durata del viaggio, per la quale – lo so – ci prenderete per ignoranti, ed è la seguente: perché mai l’acciuga è così diffusa in Piemonte? Mica c’è il mare in Piemonte. Dunque perché?!
Vi confesso che l’abbiamo chiesto a Google e questo è quello che abbiamo scoperto:
Una leggenda curiosa spiega che in passato i contadini, provenienti soprattutto dalla valle Maira nel cuneese, cercassero di arrotondare nei mesi invernali andando in Francia o in Liguria a prendere il sale da vendere poi in tutto il Piemonte.
Poiché il sale ai tempi era un bene molto prezioso, sembra venisse nascosto sotto le acciughe. Questi contadini passavano poi nei paesi con dei carretti a vendere sia il sale che i pesci e venivano chiamati ANCIUE’. In realtà sembra che le acciughe fossero ben più care del sale che veniva inoltre tassato a prescindere dai consumi.
Le acciughe quindi sono state “adottate” dalla cultura gastronomica piemontese, anche se provengono da luoghi limitrofi sono state integrate in maniera eccezionale nella cucina piemontese.
Ed io che pensavo che ne avessimo in abbondanza solo nei luoghi di mare! Un’altra cosa che ha colpito molto la nostra fantasia è stata l’insalata russa, presente come antipasto tipico in moltissime trattorie e ristoranti. Anche qui – ingenui noi – ci siamo chiesti cosa c’entrasse l’insalata russa con Torino. E questo è quello che abbiamo scoperto googolando:
…altri sostengono che ad inventare per primo l’insalata russa fu un cuoco piemontese di Casa Savoia, vissuto anche lui nell’ottocento. Per omaggiare la visita dei rappresentanti russi in visita in Piemonte raccolse tutte le migliori verdure disponibili nell’orto e le unì con una salsa, originariamente diversa dalla maionese e questo spiegherebbe come mai in molti la chiamano “italiana”.
Insomma, frastornati da tante scoperte, abbiamo deciso di lanciarci su un più rassicurante bollito misto, sui morbidi tajarin, sui classici agnolotti al sugo d’arrosto per dare un po’ più di respiro alla nostra idea della cucina locale.
Abbiamo assaggiato la cucina dell’Angolo di Parin (via Galliari 29f), un posto delizioso un po’ francese, un po’ liberty a San Salvario; quella del giovedì piemontese della Locanda del Sorriso che ha un gran successo tra gli aficionados di Tripadvisor.
Non ci siamo fatti mancare un assaggio di quello che secondo la Lonely Planet è il miglior kebab della città da Horas Kebab (via Berthollet 24), il cui folkloristico gestore egiziano, con un sorriso contagioso sulla faccia, apostrofa tutti con simpatici aggettivi che spaziano da clandestino a terrone (ma i falafel, scusate, li fa più buoni IP!).
Abbiamo fatto una puntatina etnica anche per un pranzo veloce al Kirkuk Kaffè (via Carlo Alberto 16b) con un buon rapporto qualità/prezzo. E a proposito di qualità/prezzo, non lasciatevi sfuggire i panini di Master Sandwich (via Palazzo di Città 6) vicino al Palazzo Reale: anche se il locale dispone solo di pochi sgabelli lungo il bancone, vale davvero la pena assaggiare qualche loro specialità.E se siete in vena di un pranzo vegetariano (ma non solo) e soprattutto bio, vi consigliamo senza dubbio Soup and go (via Dalmazzo 8a): posto rilassante e ampia scelta di verdure e ortaggi con i quali comporre la propria insalata ma anche piatti caldi come le zuppe del giorno che vengono servite in un barattolo di vetro (ok, ne vorrei uno simile a Palermo).
Molto piacevole la cena da Scannabue dove io ho mangiato un ottimo piccione e IP un piatto con baccalà e spuma di burrata, buono anche se un po’ troppo sapido e, come antipasto, una deliziosa tarte tatin alle cipolle.
Ma a risultare vincitore nella nostra speciale classifica mangereccia della micro-vacanza torinese è Cianci Piola Caffè che si trova nella deliziosa piazzetta di Largo IV Marzo.
Il posto è uno di quelli indicati come economici e, in effetti, il rapporto qualità/prezzo ci è sembrato molto buono. Io ho scelto un piatto di gnocchetti con crema di asparagi e Castelmagno e IP dei tajarin con ragout di coniglio, il tutto innaffiato da due calici di nebbiolo e, per finire, il bunet. Conto totale (compreso un antipasto), 20 euro.
Immancabili i giri per mercati e mercatini ricchi di verdure e ortaggi di ogni tipo. Ma due cose hanno colpito la nostra fantasia, due cose che, ovviamente, è impossibile vedere a Palermo: i banchi colmi di asparagi e quelli ricchi di fiori eduli. Un vero spettacolo. Ci sarebbe piaciuto molto portare via qualcuno di questi souvenir…
Naturalmente, dato che siamo due ghiottoni, non poteva mancare l’assaggio del bicerin
e il gianduiotto tour, con degustazioni annesse. Gobino, Castagna e Stratta quelli provati.
Ladies and gentleman per noi the winner is Castagna e vi dirò di più: se per caso vi trovate a Torino, non potete non comprare un barattolo di questa crema di nocciole che, è vero, costa un patrimonio (5 euro per 100 grammi) ma consideratelo un investimento per la vostra felicità.
Ciao Clara: che meraviglia! Mi fai venir voglia di saltare su un treno e partire, terrò ben a mente la tua ghiotta guida per i futuri viaggi piemontesi.
Guarda che la Bonarda sarà di ALBUGNANO, non Alvignano (è un comune in provincia di Caserta)
Grazie mille Cristina, corretto.