Stimolato da un commento al post sulle uova ed asparagi, nel quale menzionavo una tecnica di Heston Blumenthal per cuocere gli asparagi in olio invece che in acqua, vediamo di spiegare più in dettaglio in cosa consista l’oleocottura ed i casi in cui è utilizzabile.
Intanto il nome. Si chiama oleocottura o oliocottura?
Nessuno dei due termini è noto su wikipedia, per cui probabilmente è possibile usarli entrambi. Il vero nome della tecnica è, in effetti, Confit, ed è riferibile ad una tecnica francese utilizzata per la conservazione della carne, poi tramutata in tecnica di preparazione culinaria. Uno dei piatti più noti è l’anatra confit e prevedeva che l’anatra, fatta a pezzi, venisse cotta nel grasso d’oca per diverse ore, a bassa temperatura. In pratica una sorta di brasatura nel grasso. I lunghi tempi di cottura facevano sì che la carne si intenerisse ed il mezzo oleoso di cottura evitava di disperdere i succhi e i sapori della carne nel liquido (se cuociamo un pezzo di carne in acqua per 6 ore, otteniamo un ottimo brodo ma un pessimo pezzo di carne cotta…).
Recentemente, i tipi di Modernist Cousine hanno di fatto smontato tale tecnica, dimostrando, con tanto di degustazioni alla cieca ed incrociate, che i risultati della cottura confit sono indistinguibili da quelli della cottura sous vide a temperatura controllata. Ovvero dimostrando che non è tanto il fatto di cuocere nel grasso, il segreto, quanto il fatto di cuocere per un periodo lungo a bassa temperatura.
Poiché però attualmente è ancora abbastanza complicato e costoso procurarsi l’attrezzatura necessaria per la cottura sottovuoto a temperatura controllata, vediamo i casi in cui è ancora possibile ricorrere alla cottura confit, o oleocottura che dir si voglia.
Gli asparagi, ad esempio, che richiedono cottura breve, sono i candidati ideali a questo tipo di preparazione. Blumenthal, come dicevamo nell’altro post, li cuoce nell’olio per non far disperdere le sostanze aromatiche in essi contenute, che sono solubili in acqua. In questo modo, gli asparagi mantengono consistenza e sapore, pur risultando cotti a puntino.
Altri ci cuociono la cacciagione (nella trasmissione Masterchef in alcuni casi ci cuocevano il piccione, le cui carni facilmente si asciugano troppo, se cotte tradizionalmente). Dave Arnold ha mixato le tecniche (oleocottura e temperatura controllata) per cuocere un pesce intero. Ma immaginare di fare altrettanto in casa e in pentola… mi sa di difficile. Qualcuno utilizza gli slow cooker per il confit fatto in casa, visto che questi apparecchi sono autoregolati per non superare la temperatura di ebollizione dell’acqua.
Per cercare di capire cosa potremmo cuocere in oleocottura può essere d’aiuto sapere quali cibi hanno la tendenza ad assorbire l’olio (le melanzane, per esempio!) e quali invece no. Come hanno dimostrato i cuochi di Modernist Cuisine, citati prima, l’olio non viene assorbito più di tanto, dalla carne (non penetra nei tessuti più di un millimetro, anche dopo ore di trattamento), per cui possiamo immaginare che carni come agnello o capretto possano beneficiare di tale tecnica, così come ortaggi “croccanti” come i cavolfiori o le carote (sarebbe da provare cosa accade, perché il carotene è solubile in olio e non in acqua, l’esatto opposto degli asparagi…).
Spulciando su internet si ritrovano esempi di aglio cotto in olio, e anche di patate bollite in olio (!) ma il 90% degli esempi riguarda la carne e principalmente l’anatra o l’agnello o il coniglio.