Qualche anno fa, ad Amsterdam, mi è capitato di mangiare in una catena di fast food stile orientale che si chiamava wok to walk dove si preparavano piatti espressi. Potevi scegliere tu cosa mangiare partendo da un ristretto numero di piatti base ma aggiungendo o togliendo ingredienti a tuo piacimento e loro (dopo che eri rimasto in fila per 20 minuti) ti preparavano il piatto lì davanti agli occhi, prendendo gli ingredienti da varie ciotole con una velocità spaventosa e mescolando il tutto dentro grandi wok posti su bruciatori che sembravano quelli di piccoli reattori di aereo. Io presi un piatto di noodles, gli spaghetti cinesi di grano che somigliano parecchio ai nostri “spaghetti alla chitarra” fatti con la farina di semola. Il piatto era buono e abbondante ma una delle cose che mi colpì, osservando la preparazione, era che i cuochi utilizzavano noodles che erano già cotti e che tuttavia in bocca non risultavano né collosi né scotti.
Salto temporale. Entra McGee.
Ovvero, leggendo uno dei suoi brillanti articoli sul NYT, scopro che i noodles cinesi si possono preparare anche a casa, a patto di procurarsi un ingrediente particolare, oltre alla semplice farina di semola. Tale ingrediente è il carbonato di sodio e più che procurarselo, bisogna prepararselo, partendo dal semplice bicarbonato di sodio che tutti abbiamo in casa.
Quello che si deve fare è infornare per un’ora un po’ di bicarbonato in modo che il calore lo trasformi in carbonato. Il motivo di questa procedura è che la ricetta prevede la presenza di un agente alcalino abbastanza forte ed il semplice bicarbonato non lo è a sufficienza mentre il carbonato (ovvero il bicarbonato infornato) invece sì. Tanto da richiedere una certa cautela nel maneggiarlo. E se vi state chiedendo se sia il caso di usarlo per preparare del cibo, sappiate che è catalogato tranquillamente tra gli additivi al pari del bicarbonato (E500).
McGee proponeva una sua ricetta, con le solite dosi volumetriche da tradurre in grammi, per cui alla fine ho optato per la ricetta di Lucky Peach (una rivista uscita lo scorso anno) che partiva anch’essa dalla ricetta di McGee ma convertita in grammi (diminuendo però la quantità di carbonato, perché il 3% sembrava eccessivo):
- 400 gr di farina di semola (100%)
- 100 ml di acqua calda (25%)
- 100 ml di acqua fredda (25%)
- 6 gr di carbonato di sodio (1.5%)
Per ottenere il carbonato di sodio, spargere 3 o 4 cucchiai di bicarbonato su un foglio di carta di alluminio ed infornare a 130 gradi per un’ora, mescolando la polvere di tanto in tanto. Poi versarla in un contenitore con chiusura ermetica per conservarla ed usarla più volte.
Sciogliere il carbonato nell’acqua calda ed aggiungere l’acqua fredda. Impastare con la farina e lavorare l’impasto per 5 minuti. Avvolgerlo in pellicola e lasciarlo riposare a temperatura ambiente per 20 minuti.
Lavorare di nuovo l’impasto per 5 minuti (noi l’abbiamo fatto a mano ed è stato abbastanza faticoso poiché l’impasto è molto consistente), riavvolgerlo e lasciarlo riposare – questa volta in frigo – per un’ora o più.
Dividere poi l’impasto in 6 parti e lavorare un pezzo alla volta, sfogliandolo con la macchina per la pasta partendo dal settaggio più largo stirando la sfoglia sino allo spessore desiderato (meglio non troppo sottile) e poi tagliando le sfoglie o a mano o usando il rullo apposito della macchina, se l’avete, o ancora, con la chitarra per gli spaghetti. Cospargete di semola per non farli attaccare.
Cuocere i noodles così ottenuti in abbondante acqua salata per 2-3 minuti (o fino a 5 se li avete tagliati ad uno spessore maggiore) e poi scolateli e sciacquateli con l’acqua fredda. Scolateli nuovamente ed i noodles sono pronti per essere utilizzati nelle vostre ricette asiatiche. Al gusto sembreranno quasi tagliolini all’uovo (ma senza aver usato uova!), ma con una consistenza spettacolare, che ricorda molto quella dei tonnarelli freschi ma con una elasticità maggiore.
Noi li abbiamo mangiati a zuppa con brodo di pollo e julienne di carote e zenzero, come da foto in apertura. Buoni!