Qualche anno fa, irritata dal mio colon irritabile, dopo svariate cure di medicina tradizionale, decido di tentare un approccio diverso e mi rivolgo ad un’omeopata. Racconto con precisione disturbi, abitudini alimentari, vita sedentaria. Fuma? Mai fumato in vita mia! Beve? Un po’ di vino, a tavola…vabbè qualche aperitivo ogni tanto. Dorme? Domanda di riserva?!
Insomma, dopo aver riempito un paio di fogli A4 con informazioni dettagliate anche su quello che era solita mangiare mia nonna, la dott mi guarda dritto negli occhi e la sentenza arriva come una doccia fredda…di più, come una fucilata al cuore: deve eliminare il latte. Comincia a girarmi la testa, anzi, per dirla tutta, è la stanza che inizia a girare intorno a me. Forse non ho capito bene… No, il latte no! E lei giù seria: il latte è un alimento per bambini. Agli adulti non serve. Ma come non serve?! E’ uno dei buoni motivi per alzarsi dal letto la mattina, quella bella tazza fumante di caffellatte; e di un buon bicchiere di latte la sera prima di andare a dormire ne vogliamo parlare? Cosa ne sarà della mia colazione? Io proprio non carburo senza…
Me ne torno a casa afflitta. Ci metto una buona settimana ad elaborare il lutto della perdita dell’amata tazza di latte a colazione. Finché decido che è ora di cercare un (in)degno sostituto e mi avvicino timidamente ad un mondo che non conoscevo. Latte di riso? Latte di avena? Latte di soia? Incoraggiata dalla possibilità di scelta, parte il periodo di prova. Il latte di soia batte gli altri due e da allora diventa la mia colazione: un bel caffellatte…di soia.
Succede però, ogni tanto, di fare colazione fuori casa o semplicemente di avere voglia di un caffellatte ed essere troppo lontani dalla propria cucina. E qui casca l’asino (o meglio la tazza!). Perché nei bar, quantomeno quelli della mia città, non c’è l’ombra di latte di soia, o di riso, o di avena o di quellochevoletevoi. Anche se desideri un caffè macchiato devi rassegnarti all’idea (e alla gastrite!) del latte. Eppure l’intolleranza al latte è molto diffusa. Non so, sarà che forse si trasmette per empatia, ma tra le persone che mi sono vicine quelle che del latte non possono neppure sentire l’odore sono la maggior parte.
Eppure tutti i baristi ai quali ho chiesto mi hanno guardata abbozzando un mezzo sorrisetto come si fa davanti alle richieste impossibili e scuotendo il capo hanno detto: “mi spiace, solo latte vero”.
Allora la butto lì, chissà… magari qualcuno raccoglierà il suggerimento. Cosa sarà mai tenere da canto una confezione di latte “alternativo”, come si fa con i prodotti senza glutine per i celiaci, in modo che gli orfani del latte abbiano almeno una buona tazza di caffellatte surrogato nella quale rifugiarsi?