Il sapore di Praga

Trdlo e sullo sfondo la chiesa della Vergine Maria davanti a Týn

L’idea di raccontare attraverso il cibo un luogo che tutti ammirano per le stupende architetture, per l’arte, per gli scorci mozzafiato, per il carico di storie e di vicende umane che rappresenta, è senza dubbio stuzzicante. E’ possibile far cogliere l’atmosfera di una città attraverso quello che si è mangiato e gustato durante il viaggio? Può succedere che chi non è mai stato, ad esempio, a Praga ne possa cogliere così alcuni aspetti caratteristici? In fondo, basta chiedere a google di raccontarvi la storia e i monumenti della città. Altra cosa invece, sono le emozioni ed il gusto di chi, come noi, ha trascorso qualche giorno nella capitale della repubblica Ceca per una vacanza cultural-gastronomica di quelle che ci piace tanto fare.

Normalmente, prima di un viaggio, ci documentiamo a dovere su ciò che bisognerà cercare e provare una volta arrivati a destinazione. Ma questa volta il viaggio è arrivato tra capo e collo e siamo partiti un po’ impreparati sull’aspetto gastronomico della faccenda. “Meglio!” abbiamo pensato, la storia è tutta da scrivere… con l’aiuto della immancabile Lonely Planet. E così è stato.

I piatti forti di questa vacanza sono state senza dubbio le zuppe: ogni trattoria o ristorante a Praga ne ha almeno due nel menù, una fissa e l’altra che cambia a seconda degli ingredienti del giorno. Si tratta di piatti storicamente poveri che qualcuno adesso ha anche rivisitato e che tutti tengono nell’elenco delle pietanze. Sono invariabilmente i piatti più economici del menu, e non di rado anche i più buoni. La più famosa è la zuppa d’aglio (česnekovà polèvka), ottima quella del ristorante U Sádlů, ma abbiamo assaggiato anche quella di porri e patate; di funghi molto buona al Barbar, di pollo, di carne con le polpettine segnaliamo Rainer Maria Rilke, vegetale, al pomodoro.

I piatti principali sono, invece, a base di carne (maiale, manzo, agnello, anatra, pollo), salse e gnocchi di pane tagliati a spesse fette o dumplings, per dirla all’inglese. Uno di quelli tipici è la svíčkovà, un arrosto marinato servito a fette condito con una salsa di panna acida, limone e mirtilli rossi che noi abbiamo mangiato al Klub Architektů, un locale molto carino ma con un servizio lentissimo.

Un discorso a parte va fatto per l’anatra, kachna. Io ho proprio una fissa e se la vedo nel menù spesso non resisto alla tentazione di ordinarla. Sarà forse perché dalle nostre parti è raro trovarla, fatto sta che durante questo viaggio l’ho presa ben due volte, sperando sempre in cuor mio che non fosse una delle anatre che il giorno prima avevo visto sguazzare nella Moldava di un inquietante color marroncino… Buona  quella arrosto con cavolo rosso dell’U Sádlů. Molto buona l’anatra croccante arrostita secondo la ricetta della nonna, con cavolo rosso al vino con mele e pan di zenzero, servita con pancakes di patate e vari dumplings, del delizioso Rainer Maria Rilke dove abbiamo mangiato anche un goulash molto saporito. Questo posticino meriterebbe proprio uno spazio nelle guide!

Non ci siamo fatti mancare neppure l’esperienza di pranzare in un locale di pura cucina ceca, di quelli in cui i praghesi fanno la pausa pranzo e nei quali spesso i camerieri masticano giusto un paio di parole in inglese. Barcamenarsi tra i piatti elencati nel menù dell’U Šumavy non è stato facile, ma ce la siamo cavata anche in questo caso con le immancabili (ottime) zuppe del giorno, specialità della casa.

A questo punto, dopo litri e litri di birra (perché, sia chiaro, non abbiamo bevuto altro!), gnocchi di pane (che sono di una certa “pesantezza”), salse, intingoli e piatti giganteschi (altro che nouvelle cousine!) decidiamo di prenderci una pausa dalla cucina ceca storica e dedichiamo due giorni al… vegetarianesimo.

E questa è stata la vera scoperta gastronomica di Praga: due ristoranti vegetariani della stessa catena, con un’atmosfera intima ed accogliente ed un cibo molto, molto buono. Il primo Lehka Hlava ci ha talmente sorpreso che la sera successiva abbiamo voluto provare anche l’altro, Maitrea.

Per questi due locali, l’elenco completo di ciò che abbiamo mangiato: l’immancabile zuppa del giorno vegetariana, la tartare di melanzane con rucola e pane tostato (buonissima!), kebab di verdure grigliate con patate al gratin, salsa di pomodoro e insalata condita con limone e miele (buonissimo!) e il bulghur risotto con verdure e pesto di pomodori secchi e arachidi (che certamente proveremo a fare). E per finire una cheese cake senza cheese, sostituito da  noci, uva passa, burro di noce di cocco e miele, servito con salsa di fragole.

Al Maitrea: crepe calda di spinaci con purea di melanzane al forno ed erbe, salsa di pomodoro e pesto di pomodori secchi; couscous risotto con tofu saltato, verdure, zenzero e crema di peperoni rossi arrostiti; verdure saltate in crema di peperone rosso arrosto e patate schiacciate e una selezione di dessert che comprendeva mousse di cioccolato bianco con strati di wafer al caramello e noci, e fragole; purea di fragole e panna servita con biscotti chocolate chip; brownies con noci e cranberries serviti con salsa di fragole alla menta. Una cucina vegetariana (e in alcuni casi vegana) di ottimo livello.

E per finire, nella categoria “con che cosa accompagniamo le birre” non potevamo non provare il famoso formaggio fritto (smazeny syr)  e nella serie “cibo da strada” non poteva mancare il trdlo, un delizioso rotolo di pasta lievitata servito caldo, croccante fuori e morbido dentro. Pare sia stato inventato da un cuoco alla fine del 1700. La pasta lievitata viene lavorata a mano finché diventa un lungo nastro da avvolgere attorno ad un rullo di acciaio che si chiama, appunto, trdlo. Quindi il dolce viene rotolato in zucchero vanigliato e mandorle tritate. A questo punto viene cotto con il calore dato da un braciere o sulla fiamma di un grosso fornello finché non è bello dorato. Delizioso.


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