Maledetti bignè e le zeppole di San Giuseppe

Tutti hanno un punto debole. Anche gli chef più blasonati avranno avuto una bestia nera in un certo momento della loro formazione o carriera. O almeno questo vogliamo credere per cercare una forma di conforto/giustificazione alla nostra inettitudine. Beh, noi più che una singola bestia nera, da queste parti abbiamo un’intera fattoria!
Certo, si potrebbe obiettare che non siamo né blasonati né tanto meno chef. D’accordo! Rimane comunque il fatto che la maledetta pasta choux ci ha tolto il sonno per un bel po’.
Troppe uova? Poche uova? Forno troppo caldo? Troppo poco? Impasto troppo morbido? O forse troppo denso? Parla, maledetta! Cosa dobbiamo fare per farti gonfiare come bignè comanda?!
Ma lei, prendendosi gioco di noi, se ne stava fissa e immobile dentro il forno: poi ad un tratto, quando ormai avevamo perso le speranze, il bignè accennava ad un leggero gonfiore, salvo poi accasciarsi diventando una pizzettina piatta e senz’anima. Potete immaginare il senso di frustrazione, che abbiamo cercato di annegare farcendo queste “pizzettine” di pasta choux con della crema pasticcera. Ma chiaramente non ha funzionato e piuttosto che la frustrazione, ad annegare sono state proprio le pizzettine! Cosa avremo sbagliato? Dove? Ricominciamo la fase di studio matto e disperatissimo – manco se avessimo da fare un esame all’Università – io da una parte; IP dall’altra. Scienza applicata alla preparazione del bignè… Ci confrontiamo, discutiamo. Ma di riprovare non se ne parla. La sconfitta brucia ancora. Fino a quando l’orgoglio – o meglio la festa di San Giuseppe che incombe – ci costringe rimettere le mani in pasta. Siamo preparati e concentrati, stavolta possiamo farcela. Ci sosteniamo a vicenda come si fa nei momenti di difficoltà. Prepariamo l’impasto, facciamo dodici mucchietti sulla leccarda rivestita di carta forno, inforniamo e aspettiamo dieci interminabili minuti. Gonfiano, gonfiano, gonfiano e rimangono così, gonfi, sodi e vuoti all’interno come bignè comanda. Non saranno belli da vedere ma… chi se ne importa! Quella sera a casa nostra si è fatta festa fino a tarda notte, brindando alla sconfitta di una delle bestie nere.

Per 12 bignè grandi

  • 50 gr farina setacciata
  • 75 gr acqua
  • 30 gr burro
  • 2 uova (circa)
  • un pizzico di sale

In una casseruola versate l’acqua e aggiungete il burro a pezzetti e un pizzico di sale e portate ad ebollizione. Togliete la pentola dal fuoco, versate in un sol colpo la farina e mescolate con energia fino ad incorporarla totalmente. Rimettete la pentola sul fuoco e mescolate finché non sentirete un leggero sfrigolio. A questo punto togliete dal fuoco e lasciate raffreddare. Raggiunti i 40 gradi circa, una temperatura che permette di non “cuocere” le uova, iniziate ad incorporare le uova una alla volta. Consiglio di mettere il primo uovo per intero e di aprire il secondo in una ciotola e senza sbatterlo, utilizzate prima il tuorlo e, se l’impasto dovesse risultare troppo duro, aggiungete un po’ di albume fino a raggiungere la consistenza di una crema pasticcera ben ferma (come suggerisce Gennarino). Foderate una teglia con della carta forno e con un cucchiaino fate dei mucchietti di pasta choux distanziandoli perché gonfiano in cottura. Infornate in forno caldo a 220 gradi per circa 13 minuti e poi portate la temperatura del forno a 185 gradi e lasciateli cuocere per altri 14 min (circa). Quando avranno raggiunto la giusta duratura spegnete il forno e lasciate i bignè all’interno ad asciugare per altri dieci minuti, quindi aprite il forno e lasciate una fessura (magari aiutandovi con un tappo di sughero) e fate asciugare del tutto i bignè.

Naturalmente, allo stesso modo potete fare le zeppole, il tipico dolce napoletano di San Giuseppe, dando all’impasto la forma ad anello piuttosto che a pallina. Ma perché siano vere zeppole di San Giuseppe, dovrete tagliarle, farcirle con la crema pasticcera (la ricetta la trovate qui, basta eliminare lo zenzero e, se vi aggrada, “alleggerirla” con un paio di cucchiai di panna montata), e decorarle al centro con una amarena sciroppata.


Rispondi