Il marocchino salvato dalla malvasia

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Quando leggo di barconi che arrivano sulle nostre coste, di speranze annegate nel mare che bagna la Sicilia come è avvenuto, per l’ennesima volta in questi giorni, non posso fare a meno di domandarmi quali miserie, umiliazioni, quali territori assolutamente privi di speranza questi migranti abbiano abbandonato sperando in un luogo più accogliente e in un futuro migliore. Il pensiero ricorrente è legato a cosa spinga un uomo ad affidare la propria vita a scafisti senza scrupoli, ad affrontare il mare aperto su un barcone con centinaia di altri disperati senza acqua, cibo, soldi, per Dio solo sa quanto tempo. Con i soli abiti che si hanno indosso, senza saper nuotare. Ciò che mi rispondo è che evidentemente la loro vita, quella che vogliono lasciare, deve essere così terribile da valere la pena rischiare di morire per una speranza, la sola che gli rimanga.

E allora oggi, con ancora negli occhi le immagini dei tredici corpi degli eritrei che non ce l’hanno fatta, coperti da teli bianchi e allineati sulla spiaggia di Scicli in provincia di Ragusa e dopo avere appena letto di un altro naufragio e di nuovi morti a largo di Lampedusa, voglio raccontare una storia a lieto fine. Quella di un ragazzo che ha lasciato la sua terra in cerca di un futuro migliore e lo ha trovato tra le vigne dell’isola di Salina, che oggi sono la sua casa.

Bouabid El Hadnaoui lascia la sua terra con un barcone della speranza quando è ancora minorenne. Vede morire tra le onde il fratello più grande, anche lui in viaggio in cerca di una terra amica, annegato a poche miglia dalle coste siciliane. Rimane solo, senza un posto dove andare, senza un soldo né una famiglia. Viene rinchiuso in un centro di accoglienza dove gli danno un foglio di via. Lui riesce a fuggire e con mezzi di fortuna arriva sull’isola di Salina, nell’arcipelago delle Eolie. Qui incontra Francesco Fenech, produttore di vino. Francesco accoglie Bouabid, gli dà un tetto e inizia ad insegnarli un mestiere, scoprendo in lui straordinarie capacità di apprendimento e una naturale predisposizione al lavoro in vigna. Ma Bouabid è minorenne e clandestino e un brutto giorno arrivano i carabinieri per portarlo via e trasferirlo in un centro per migranti in Calabria. Francesco non si dà per vinto. Assume un avvocato deciso a riportare il giovane marocchino sull’isola delle Eolie. Ci riesce e da allora, Bouabid non ha mai più abbandonato Salina. Ha lavorato sodo, ha studiato le tecniche di potatura e innesto in Franciacorta, ha imparato tutti i segreti del mestiere. Dal suo tragico sbarco sulla coste siciliane sono passati oltre dieci anni. Oggi Bouabid, che di anni ne ha ventinove e che tutti sull’isola chiamano Francesco, in omaggio a colui che lo accolto, è cittadino italiano, ha una casa, uno stipendio e da solo manda avanti cinque ettari di vigneto. Lui si occupa di tutto e lo fa egregiamente, tanto da meritarsi un riconoscimento, quello di miglior viticoltore del 2013 in Sicilia. E Francesco Fenech, che tanti anni fa gli ha dato una speranza, quando ottiene un riconoscimento per la sua ottima Malvasia, racconta con orgoglio di questo giovane marocchino sveglio e intraprendente al quale la vigna ha ridato una vita. “E’ il mio braccio destro”, dice di lui. “Senza Bouabid non ci sarebbe l’azienda Fenech”.

ps: Bouabid è schivo e riservato, non ama stare al centro dell’attenzione o farsi fotografare. Quella che vedete nella foto in alto è la Malvasia Fenech 2010 che ha avuto numerosi riconoscimenti e che è anche frutto del suo lavoro.


4 thoughts on “Il marocchino salvato dalla malvasia

  1. Clara, grazie per questo post! Grazie perché mi fa piacere conoscere una storia positiva, ma soprattutto perché a forza di sentire cattiverie, commenti razzisti, mi rattristo sempre di più. Leggere parole come le tue è una ventata di aria fresca, un motivo di sperare che prima o poi saremo un mondo migliore.
    Ti stimo tanto, oggi ancora di più 🙂

    • Grazie a te per le belle parole che scrivi. Storie come quella di Bouabid aiutano la speranza e in questo momento ce n’è tanto bisogno. Ti abbarccio

  2. Cara Clara
    il tuo/vostro blog è una bellissima voce in questo oceano che è il web. Leggere il lieto fine che pare essere solo una caratteristiche delle favole, fa sempre bene all’anima. Grazie per la condivisione e per la speranza.

    • Grazie a te cara Roberta, per la tua presenza e il tuo sostegno. Noi facciamo quel che possiamo, con la speranza che anche una flebile voce di speranza in questo mare in tempesta, magari possa aiutare qualcuno, se non altro a credere nella possibilità di un mondo migliore.

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