Il gusto non è democratico

foto di vinhosdeprovence

Quanto costa essere buongustai? Può sembrare una domanda retorica, perché si è tentati di rispondere che non costa nulla, che uno può essere o diventare esperto di gusto a costo zero. Ma la verità, probabilmente, è ben altra. Tutti sono mediamente in grado di capire se un cibo è buono o cattivo, ma a partire da questo bagaglio di base, che viene fornito gratis da madre natura, la strada è tutta in salita. E costosa.

Il “gusto”, quello tra virgolette, quello che viene premiato con stellette, forchette, riconoscimenti, è una questione per pochi e, soprattutto, per benestanti. Questa idea ci frullava in testa già da un po’ e, chiaramente, non ce la siamo tirata fuori dal cilindro così, all’improvviso e senza una ragione.

La nostra passione per la gastronomia ci porta un po’ in giro ad ascoltare, osservare, degustare, sperimentare. Da amatori, si intende. E man mano che si approfondiscono le conoscenze, questa idea prende corpo e si consolida. Se poi la conferma, secca e schiacciante, arriva dagli esperti del settore, questa verità diventa quasi inconfutabile. E questo è esattamente ciò che ci è successo recentemente.

Siamo stati alle prime due lezione aperte sul gusto, organizzate dall’Università di Palermo nell’ambito del Master in Cultura della Comunicazione e del Gusto. Due pomeriggi trascorsi tra studenti del master ed esperti del settore a sentir parlare di gastronomia, cibo, gusto, storie passate e proiezioni future prima da Giacomo Mojoli (giornalista, autore di pubblicazioni dedicate alla cultura alimentare, tra i fondatori di Slowfood) e poi da Enzo Vizzari (tra le altre cose, direttore responsabile e curatore della Guida dei Ristoranti d’Italia, della Guida Vini d’Italia e della Guida Alberghi e Ristoranti d’Italia de l’Espresso). Due pomeriggi interessanti perché di gastronomia e di gusto si è parlato in maniera – diciamo così – trasversale.

E ciò che, a nostro avviso, è emerso in maniera prepotente è l’idea che il gusto sia qualcosa di manipolabile, direzionabile ma anche una questione di elite. Molti penseranno: “Ok e dove sta la novità? Dove la notizia?”. Del resto, se lo stesso fenomeno si verifica per il cinema, la musica, l’arte, dove tutto ciò che piace alla massa è quasi sempre condannato dai critici, perché il gusto dovrebbe essere democratico? Del resto non è certo cosa da/per tutti saper cogliere e apprezzare consistenze, sapori, qualità e chi più ne ha più ne metta. E non pensiate che basti il fatto che tutti mangiamo (mentre non tutti andiamo al cinema, o a teatro, o siamo appassionati di musica e arte) a dare al gusto un crisma di democraticità. Tutt’altro. Vizzari è stato chiarissimo: il gusto non lo fa la massa e il mestiere di critico gastronomico non è un lavoro per poveri! Gusto non è, tanto per fare un esempio Mc Donald che vende milioni di hamburger in tutto il mondo. Gusto non è “Quattro salti in padella” o la trasmissione della Parodi e poco importa se invece è proprio lei con ben due libri, ad essere in cima alle classifiche di vendita in Italia.

Gusto pare essere quindi non ciò che piace alla gente ma ciò che piace ai critici. Sono loro ad avere questa facoltà di giudizio. Noi, al massimo, muoviamo solo l’economia del settore! Non solo. Per diventare critici gastronomici o più “semplicemente” esperti, non bastano curiosità, intraprendenza, spirito di avventura, di iniziativa, doti culinarie e quanto altro. No. Se hai tutto questo ma non hai una certa disponibilità economica per andare in giro, mangiare nei migliori ristoranti, confrontare la cucina di tizio con quella di caio o se non hai un giornale che scommette su di te e ti paga per farti fare le ossa (mandandoti in giro a mangiare…), caro amico/a non hai molte chance di farcela. Parola di esperti. Questo è emerso durante le due lezioni del master in cui si insegna la comunicazione del Gusto. Ma magari abbiamo capito male. O forse eravamo le persone sbagliate nel posto sbagliato.

Da queste lezioni siamo usciti con un po’ di amaro in bocca. Sempre di gusto si tratta, si potrebbe dire…

 


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